V  Classificato

 

“QUELLO CHE GLI UOMINI SOGNANO”

 di Antonella AUGUSTA MECENERO

 

Tutti gli uomini, almeno una volta, sognano di essere personaggi influenti, potenti sovrani di grandi nazioni.

 

Nessun sovrano si sarebbe fermato in un rifugio tanto misero come la locanda al limitare del bosco. Era un basso edificio umido, con i muri di legno macchiati di muffa e un tetto di paglia con urgente bisogno di manutenzione; da un camino che aveva tutta l’aria di tirare poco usciva fumo che puzzava di torba.

Era quasi notte, stava per piovere, e il suo cavallo era stanco. L’uomo biondo soppesò la strada che si inoltrava di nuovo sotto alberi e la stalla malmessa della locanda. Scese di sella. Forse i suoi inseguitori non l’avrebbero cercato in un posto simile.

 

L’uomo nella stalla era laido proprio come il viaggiatore se lo era immaginato e al suo tocco il cavallo si ritrasse.

- Ripartirò prima dell’alba. Verrò a prenderlo io.

Il viaggiatore aveva parlato scostandosi un poco il mantello, per far intravedere l’elsa dell’arma e lasciò che lo stalliere lo valutasse. Un uomo sotto i trent’anni, alto,piuttosto esile. Era vestito con abiti ordinari, ma l’elsa dell’arma, lucida e intarsiata in argento, non lo era. Portava i capelli dorati lunghi, legati in una coda e il viso sembrava troppo elegante per appartenere a un guerriero. Gli occhi, però, erano come specchi. Potevano illuminarsi e riflettere ciò che stava intorno, ma non rivelavano nulla di ciò che nascondevano dietro. Quando lo stalliere vide i suoi occhi annuì e lo straniero seppe che il suo cavallo era al sicuro.

- Tornerò presto. - sussurrò all’animale.

 

La sala comune non era meglio della stalla, uno stanzone fumoso con quattro tavolacci intorno ai quali erano seduti uomini trasandati. La luce proveniva quasi solo dall’asfittico fuoco di torba del camino. Si sistemò in un angolo nebbioso, lontano dagli altri avventori. Nonostante tutto, la compagnia e il posto erano migliori del motivo per cui si era messo in viaggio.

 

- Ehi, cosa vuoi per cena?

La voce che aveva parlato era giovane e riscosse il viaggiatore dal suo quasi sonno. La cameriera fu una sorpresa. Più che graziosa, quasi elegante. Poteva avere al massimo sedici anni, ma sotto gli abiti si indovinava un corpo già da donna. Aveva un viso pulito, cosa notevole, considerato il posto, illuminato dal sorriso delle labbra sottili e gli occhioni verdi. Anche i capelli erano puliti, ricci, rossi, ribelli.

- Cosa c’è per cena?

- Zuppa di carote con rape oppure zuppa di rape con carote.

- Pensandoci bene prenderò la zuppa. Ma controlla che ci siano dentro solo rape e carote.

Lei strizzò l’occhio.

- Capito... Mi stai fissando?

Lui si strinse nelle spalle

- Sei bella.

- Stai cercando di corteggiarmi? - rise lei, allontanandosi.

Lui la guardò perdersi nel fumo. Se anche avesse voluto corteggiarla, non avrebbe quasi saputo come fare. Per la prima volta, la cosa gli mise tristezza.

Tornò poco dopo con un bel sorriso e una zuppa fumante. Come promesso conteneva solo carote e rape, poche, e molta acqua.

- Mi chiamo Lily. - disse la ragazza, porgendogliela - Se ti piaccio possiamo vederci più tardi. Non ti costerà molto.

Ecco cosa ci faceva una bella ragazza in un posto come quello. Si sentì stupido a non averci pensato. Scosse la testa.

- Devo riposare. Ripartirò prima dell’alba

Lei, che certamente non si chiamava Lily, si sedette sul tavolo, accavallando le cosce.

- Che affari ti chiamano prima dell’alba? Si direbbe una cosa losca, sei un ladro? O un assassino?

Il giovane rise.

- Ti sembro un assassino?

- Sei troppo magro e pulito per essere un bravaccio. E poi i briganti non ci sono quasi più, da quando governa il nuovo leylord.... Qui vicino c’è una collina dove a volte, all’alba, si svolgono i duelli. Stai andando lì?

- Se così fosse?

- Non vorresti passare la tua ultima notte tra le braccia di una donna, Biondo? E’ quello che sognano tutti gli uomini.

- Perché deve essere la mia ultima notte?

- Se non ti ucciderà il tuo nemico lo farà la legge, i duelli adesso sono proibiti. Un bel uomo come te è fatto per amare, non per combattere.

- Un uomo stanco come me, è fatto per dormire.

 

Non riuscì a dormire. Non era più abituato alle pulci e tanto meno alle zecche. Dopo aver visto il letto, aveva steso il proprio mantello sul pavimento e ci si era avvolto dentro. Se non avesse iniziato a piovere, se ne sarebbe andato già da ore. Così almeno filtrava solo qualche goccia dal tetto e la stanza doveva essere proprio sopra le cucine, perché dal pavimento penetrava un po’ di calore. Si rigirò, cercando una posizione più comoda. La ragazza aveva detto che non era fatto per combattere, ma per amare. L’unica persona che aveva amato era stata uccisa molto tempo prima, da allora non aveva fatto che combattere. All’alba avrebbe ucciso ancora. Una persona in più non avrebbe dovuto fare differenza. Quando si è già sporchi di sangue come è possibile macchiarsi ancora?

Dei rumori lo riscossero. Qualcosa che cadeva, gemiti trattenuti. Gemiti di donna.

- A che ti serve un viso come questo, se non sai darmi piacere? - ringhiò qualcuno.

Il giovane si alzò. La finestra dava sul retro delle cucine. Un uomo aveva trascinato fuori Lily sotto la pioggia, era vestita solo di una sottoveste. Piangeva.

- Mi dispiace... Io....

- Non ti serve quel faccino, se non sai fare il tuo dovere!

L’uomo la scrollò. La teneva per un polso con una mano, con l’altra tirò fuori un coltello.

La finestra non era alta, meno di tre metri. Il giovane saltò giù. Quando atterrò aveva lo stocco già del tutto sguainato.

- Vattene - disse, senza urlare, a voce bassa e secca.

L’aggressore guardò il suo coltello lungo meno di un palmo, lo lasciò cadere e corse via. Il viaggiatore si chiese se dovesse inseguirlo. E poi? Almeno quel uomo non stava a lui giudicarlo.

Lily lo abbracciò. Tremava ed era gelata e fradicia. Avrebbe voluto avvolgerla col suo mantello, ma era rimasto nella stanza, così la strinse.

- Lui voleva... Voleva... - singhiozzò.

Lui le alzò il viso, aveva un livido e un taglio rosso sullo zigomo e occhi grandissimi e spaventati.

- Ssss. Non devi dirmi niente. Vieni qui, al riparo.

La portò sotto una tettoia, vicino ad una catasta di legna secca. La ragazza si strinse ancora di più a lui, poi, alzandosi sulle punte, lo baciò.

 

Tutti gli uomini sognano, almeno una volta, di essere baciati da una bella ragazza, dopo averla salvata.

 

Il viaggiatore rimase immobile, sorpreso e incerto su cosa fare. Lily si ritrasse, guardò la sua espressione mortificata e sorrise

- Non ne faccio una giusta, questa notte, eh? - disse, tra le lacrime - Non dirmi che avresti preferito Aneb?

- Chi? – l’uomo approfittò per aprire la porta che dava sulla cucina e farla entrare.

- Un ragazzo che viene qui, certe sere, per certi clienti. - disse, cercando di asciugarsi con la mano le lacrime che continuavano a scendere. - non ci pensare, non so quello che dico...

La fece sedere.

- Come stai?

- Bene... Più o meno... Certi uomini capisci subito che non vanno... Altri... Lo scopri dopo.

Impacciato, l’uomo cercò qualcosa per tamponarle il taglio allo zigomo, poi si strappò un polsino della casacca e usò quello.

- Non è una vita adatta a una ragazza come te.

- E la tua? Ho visto il tuo spiedo. Stai andando a un duello?

- Si.

Lei scosse il capo.

- Ne vedo di gente passare di qui. Uomini grossi il doppio di te, con lame larghe il triplo della tua. Uomini gentili, invece, ce ne sono pochi. Non voglio che tu muoia.

- Non sono facile da uccidere. Non sono riusciti a farlo neppure quando ero io stesso a voler morire.

- Non andare. Passa il resto della notte con me. Sono sicura di riuscire a fartelo piacere.

Lui soppesò davvero la proposta. Quanto strano sarebbe stato? Le guardò il livido che si andava facendo blu e gli occhi grandi e tristi. Non voleva amarlo, voleva solo allontanarlo dalla morte.

- Devo andare. - disse.

***

Sulla cima della collina, tre uomini lo attendevano. Pioveva e l’alba era solo un vago ingrigirsi delle nubi. Il suo cavallo muoveva nervoso la coda e l’aria odorava di umidità, di humus e di freddo.

- Così siete venuto. - disse uno dei tre, facendosi avanti.

Era un individuo imponente, alto e bruno. Né gli abiti, né l’elsa splendente della sua arma facevano nulla per mascherarne ricchezza.

- Sono venuto. - rispose il giovane, scendendo di sella - E sono solo.

- I miei testimoni, - fece l’altro, indicando gli accompagnatori - Lord Aswel e an’el’Mey. Potete ancora ritirarvi, non ci tengo ad uccidervi.

- Neppure io, ma sono qui. Questo sarà l’ultimo duello del Leynlared.

- Ve lo ripeto, non ci tengo a colpire una donna, che mi attacca con un’arma da donna, sia pure il Leylord del Leynlared.

Gli occhi dell’uomo biondo lampeggiarono un istante ed estrasse lo stocco. Quando parlò, la sua voce era di nuovo calma.

- Sono un amante d’uomini. Lo sapete, lo sanno tutti, da quando la testa del mio amante è stata fatta rotolare tra i piedi del mio cavallo. Per dimostrare di essere degno figlio di mio padre ho vinto una guerra contro metà dell’esercito e tre quarti della nobiltà. Lord Terf, in mezzo alla mia corte avete osato dirmi che proibivo i duelli perché non avrei mai avuto il fegato di sostenerne uno. Solo qui, solo, a dimostrarvi che vi sbagliate.

Lord Terf era lo spadaccino più famoso della Ley del centro. Era un uomo arrogante, valoroso, leale alla parola data. Se lo avesse ucciso, si sarebbe saputo che Leylord Amrod, il re biondo amante d’uomini, era comunque il grado di sostenere un combattimento. Se avesse ucciso un nobile valoroso, forse gli altri lo avrebbero rispettato abbastanza da ubbidire alle sue leggi.

Era lì, in quell’alba bagnata, per uccidere un uomo che ammirava. Quanti altri avrebbero avuto il coraggio di sfidare apertamente un sovrano?

- Fatevi avanti. - disse, tenendo dritta davanti a sé l’arma sguainata. - Avete regione. Questa è una lama da donna. L’ho progettata io, sul modello di quelle delle antiche guerriere del Nord. Non ho scelto ciò che sono, posso anche odiarlo, ma non intendo rinnegare me stesso.

Lord Terf avanzò. La sua spada era larga più di un palmo e Amrod riuscì a schivare appena il primo fendente. Non provò neanche a bloccarlo, sapendo che il suo stocco sarebbe andato in pezzi nell’impatto.

Era difficile combattere sotto la pioggia, sull’erba bagnata. I piedi scivolavano sul terreno e le vesti fradice irrigidivano i muscoli, eppure i due uomini si battevano senza una parola.

Lord Terf teneva fede alla sua fama. Nonostante i colpi poderosi era preciso e non accennava a stancarsi. Quando lo stivale di Amrod scivolò nel fango e dovette appoggiare un ginocchio a terra, il giovane seppe di non poter evitare il colpo. Si riparò il viso con il braccio libero e gemette quando l’osso si spezzò. Terf fece un passo indietro, senza finirlo.

- Vi dichiarate sconfitto? - chiese.

- No.

Il braccio sinistro di Amrod pendeva inerte al suo fianco e la pioggia lavava quasi all’istante il sangue dalla ferita. Forse morire sarebbe stato meno doloroso di vivere...

Lord Terf alzò le braccia per sfruttare appieno la sua forza e colpire dall’alto in basso. Un normale spadaccino avrebbe posizionato la spada per parare. Lo stocco di Amrod, invece scattò in avanti, rapidissimo, verso il petto lasciato scoperto.

Penetrò con una facilità sconvolgente, prima che il giovane riuscisse a fermare il colpo.

Lord Terf non terminò il suo affondo. Le mani si aprirono e lo spadone cadde di lato, mentre lui si inginocchiava nell’erba fradicia.

Amrod si avvicinò. Il suo avversario alzò il viso. Era pallido, adesso, e mostrava più dei suoi quarant’anni, anche se era comunque troppo giovane. Aprì la bocca e dalle labbra uscirono bolle di sangue. Tentò di respirare, gorgogliando, poi scivolò a terra.

 

Tutti gli uomini sognano, almeno una volta, di vincere un duello, contro un avversario famoso.

 

Anche Amrod era caduto in ginocchio. Si sentiva percorso da conati di nausea e di vergogna. Avrebbe voluto raggomitolarsi a terra a piangere e vomitare. Avrebbe voluto che il dolore fosse tale da farlo svenire. Si rialzò in piedi.

I due testimoni si affaccendavano intorno al corpo di Terf.

- Portatelo via. - disse Amrod.

Loro di voltarono e il giovane vide la paura nei loro occhi. Stavano pensando che forse un morto non sarebbe bastato a riscattare il braccio rotto di un sovrano.

- Portatelo via. - ripeté Amrod - Raccontate ciò che avete visto. Dite che il Leylord vieta i duelli non perché è debole, ma perché è giusto. Lord Terf deve essere l’ultimo uomo a morire così.

Gli uomini annuirono, spaventati, e caricarono il cadavere sul cavallo libero.

Amrod rimase a guardarli mentre si allontanavano sotto la pioggia. Di quella scena, il dolore al braccio era l’unica cosa che gli sembrasse giusta.

 

Quando udì il rumore di cavalli che si avvicinavano al galoppo, Amrod pensò che era troppo presto. Capì quando li vide.

La squadra che lo cercava era composta, oltre che da dieci soldati della Guardia, dal Lord Ciambellano e da una scarmigliata Lily.

Amrod sorrise suo malgrado. Solo ad Adman, il Lord Ciambellano, sarebbe venuto in mente di cercarlo in quella taverna. Forse, se ci fosse stato lui solo, avrebbe potuto farsi vedere piangere.

- Maestà, siete ferito!

Undici cavalli si fermarono all’unisono, in semicerchio intorno a lui. Quello della ragazza proseguì più a avanti e si fermò senza grazia fuori dalla formazione.

- Non ne morirò. Aiutatemi a montare in sella. Torniamo a casa.

 

Lily cavalcava a occhi bassi, consapevole della distanza tra l’uomo che l’aveva salvata e lei. Il suo compito era esaurito e sarebbe tornata alla locanda e alla sua vita.

Amrod le si avvicinò.

- Qual è il tuo vero nome?

- Raen, mio signore.

- Raen, ascolta. Di tutto il Leynlared sei l’unica ragazza che può vantarsi di aver baciato il leylord. Se sei riuscita in questo, puoi riuscire in qualsiasi cosa.

Lei non rispose, ma nel viso stanco apparve l’ombra di un sorriso.

 

Procedettero in silenzio sotto il cielo grigio. Il dolore e la stanchezza gravavano sulle spalle di Amrod, ma lui continuò a cavalcare dritto perché i suoi uomini lo stavano guardando. Le sue vesti erano macchiate di sangue, neppure tutta la pioggia del mondo sarebbe riuscita a lavarle.

 

Tutti gli uomini, almeno una volta, sognano di essere potenti sovrani. I sovrani, forse, sognano solo di non sognare più.

 

 

 

 

 

FINE